Meneghelli Ugo, per il grande popolo dei pescatori e dei marinai “Ughetto”
; è questo il nome ormai mitico, del più autorevole protagonista di una delle
più antiche attività dell’uomo, quell'arte della pesca, così diffusa lungo le
coste d’Italia ma, in particolare, nel basso Adriatico.
Non v’è porto o rada, o costa da Manfredonia a Leuca, ma anche nella lontana
Calabria, come in Molise, per non dire dei laghi e dei fiumi meridionali che
frequentava sia pur saltuariamente, ove il nome di Ughetto non faccia ancora
oggi sussultare di ammirazione qualche adepto della difficile arte del pescare o
qualche vecchio pescatore che è rimasto meravigliato, stupito dalla perizia,
dall’esperienza, dalle capacità assolute del grande campione.
E sì che Ughetto campione lo era davvero. Quando, dopo una vita trascorsa sulla
sua moto, con le canne, quelle d’un tempo, in bambù, alla ricerca del miglior
posto per le catture più ghiotte, annusando il tempo e l’ora più propizia per
l’immancabile agguato, volle cimentarsi nel grande salto e confrontarsi con i
grandi della pesca italiana, ebbe l’immensa gioia di raggiungere la vetta più
alta laureandosi campione d’Italia a La Spezia per la categoria canna da riva,
unico pescatore del Meridione ad essere salito sul più alto gradino. Fu il suo
più grande momento, che cementò con le ulteriori vittorie nelle specialità del
bolentino a coppie, insieme al suo inseparabile compagno di barca, Giacomo
Scaranello.
Erano altri tempi. Ughetto, ormai, non usciva quasi più dalla sua Bari, dal suo
porto, all’ombra di quello che è il tempio conclamato dell’arte della pesca, la
Fipsas al molo Pizzoli, ove riceveva tutti: giovani alla ricerca del consiglio,
del segreto, dell’esperienza che non faceva mai mancare, e meno giovani che
dividevano con lui i momenti dei ricordi, dei racconti, delle avventure passate
lungo la costa o nelle anse segrete dei porti, alla cattura di prede
straordinarie entrate ormai nella leggenda.
Ughetto oggi non è più. Fino all’ultimo non ha voluto lasciare i suoi
tradizionali posti di pesca nel tentativo di catturare ancora qualcosa, quasi a
voler sottolineare come il suo destino, anche quello che non si vede e che tutti
immaginiamo esserci nell’al di là, sarebbe dovuto essere sul mare, sul suo
sgabello, con le sue canne, insieme a tanti altri grandi campioni che sono
nell’animo di tutti i pescatori baresi, e sono tanti.
Oggi, ne siamo convinti, Ughetto sta pescando in riva ad un altro mare, ad un
mare sempre azzurro, ed ha accanto a sé altri grandi della pesca barese, i
Calabrese, i Lisco, i Mirizzi, i Ficarella, i Cinquepalmi.
E, in quanto orgogliosamente appartenenti alla grande famiglia dei pescatori,
non possiamo che testimoniargli la nostra più sincera gratitudine per tutto
quello che ci ha trasmesso; non possiamo che essere felici nel rivederlo lì,
sempre seduto sul suo sgabello, accanto agli altri amici pescatori che lo hanno
preceduto, in riva a quell’altro mare, calmo, sempre azzurro, luminoso, il mare
dell’eternità.
Bari, 17 gennaio 2004
Pasquale Trizio
|