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Un Luccio Spaventoso
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Testo di  Dario Battistel
Fotografie di  N. Rozzino e D. Battistel
Data Pubblicazione  09/09/2007

Ottobre 2006

Finalmente è giunto l'autunno, con le sue nebbie mattutine che avvolgono i campi, e i segugi dal pelo imbrattato di fango gocciolante che accorrono al richiamo dei cacciatori. I numerosi branchi di muggini che hanno popolato il fiume durante tutta l'estate sono ritornati alla volta del mare, abbandonando definitivamente le acque dolci in favore di quelle salate; con essi, anche i pescatori più anziani si sono allontanati dal Piave, preferendo dedicare il loro tempo al vino nuovo e al gioco delle carte.

Nonostante il cefalo sia effettivamente la preda più ricercata di questo fiume, in quanto presente in abbondanza in certi periodi dell'anno, e relativamente facile da catturare, non dobbiamo dimenticare che l'ecosistema fluviale è ricco di svariate altre specie ittiche, quali carpe, cavedani, persici reali, anguille,  ma soprattutto lucci.

È ottobre inoltrato; di certo la temperatura dell'acqua ha cominciato ad abbassarsi e di conseguenza ad ossigenarsi.
(E' noto che la solubilità di un gas in un liquido è inversamente proporzionale alla temperatura, oltre che ad altre variabili. In particolare, la solubilità di O2 in acqua passa da 8.3 mg/l a 25°C, a 13.9 mg/l a 4°C).

La temperatura e l'ossigenazione giocano un ruolo importante nell'attività delle diverse specie ittiche. Il luccio, in particolare, predilige temperature comprese tra 8-15 °C. Per questa ragione risulta difficile catturarne nei mesi estivi; anche se un pescatore locale (poco affidabile, a dir la verità) sostiene di averne preso uno in pieno agosto, una decina di anni fa.

In questa stagione inoltre, il cielo plumbeo e la nebbia persistente favoriscono la strategia di caccia del luccio, poiché riesce a nascondersi più facilmente, pronto a sferrare il suo attacco in agguato nell'ombra.

Siamo quasi alla fine del mese di ottobre, e le condizioni sono ideali per sperare di catturare un bel esocide.
E' mattino presto quando esco di casa, infilo la canna da spinning in macchina e imbocco la strada che mi porterà verso la mia destinazione. È un peccato che il mio socio, Nicolino, abbia declinato l'invito, ma la notte scorsa ha preferito provare ad insidiare qualche passera (non di mare), e di certo avrà fatto tardi. Assente Giustificato.
Ho il sapore dell'autunno in bocca, e sono molto fiducioso.

Dopo aver attraversato un'umida selva di acacie e rovi, d'improvviso il fiume mi appare in tutta la sua magnificenza di colori autunnali. L'acqua di un azzurro-verde caratteristico risalta sul paesaggio. Non più torbido e vagamente rossiccio a causa delle microalghe, come sovente appare nei mesi estivi, il Piave ha iniziato quel percorso che lo renderà cristallino, quasi trasparente, nel cuore dell'inverno.


Fiume Piave, Ottobre 2006

Sulla mia destra, i possenti pilastri del ponte dell'autostrada troneggiano immersi al centro del fiume, sostenendo un breve ma strategico tratto di A4. I miei stivali di gomma verde affondano nel terreno sabbioso, e rimango per un momento ad ascoltare le goccioline di umidità che s'ingrossano all'apice delle foglie, per poi precipitare, gravide del loro peso, schioccando sonoramente sull'acqua.

È un peccato interrompere tanta poesia, ma impugno la canna e scruto il fiume; questa volta da tutt'altro punto di vista. La pesca inizia.

Per quanto molti dei miei amici sostengano che il triotto vivo e il morto manovrato (mort manié) siano le tecniche più efficaci per catturare i lucci, trovo che risultati altrettanto buoni si possano ottenere con lo spinning. Di certo le prime due risultano più indicate, ma la tecnica spinning ha il vantaggio di essere più agile e di gran lunga più semplice.

Sul mulinello ho imbobinato un filo di nylon di 0.25 mm di diametro. Probabilmente è un filo troppo sottile per il luccio, ma è piuttosto buono, e con un diametro di queste dimensioni riesco a lanciare e controllare meglio l'artificiale. Inoltre, come alcuni riportano, il luccio è un pesce che caccia utilizzando principalmente la vista, e data la scarsa torbidezza dell'acqua, ritengo che in questo modo l'esca possa presentarsi in modo migliore durante l'azione di recupero. Come terminale uso un cavetto d'acciaio di 15 cm con girella e moschettone, il quale mi consentirà di cambiare l'artificiale con semplicità.


Montatura impiegata per insidiare il luccio con la tecnica spinning

Per il primo lancio scelgo un minnow di 9 cm affondante (sinking) con testa rossa e corpo bianco. Lo lancio il più distante possibile al centro del fiume, giusto per farmi un'idea della corrente, e lo lascio affondare lentamente. In questa stagione molti consigliano di recuperare in modo tale che l'esca si muova a fil di fondo, al fine di insidiare i lucci che stazionano nascosti sotto a qualche ramo o tronco sommerso, pronti a sferrare il loro attacco.

Dopo il primo recupero mi accorgo che la corrente è piuttosto lenta, (confermando l'impressione che avevo avuto nel vedere le foglie che galleggiavano a pelo dell'acqua), e scende verso il mare. A quest'altezza il fiume risente comunque della marea, e non è sempre facile pescare a spinning da riva nelle fasi di marea calante o fortemente crescente. Per fortuna questo è un problema che non sarò costretto ad affrontare oggi.

Dopo qualche lancio a vuoto provo a cambiare l'esca, sostituendo il minnow con un Martyn 20g dal fiocco rosso.


Martyn 20

Come al solito lascio che l'artificiale affondi, e lo recupero facendolo strisciare sul fondo. A differenza del minnow, il Martyn 20 è molto più pesante ed affonda più rapidamente; è proprio per questa ragione che a 3-4 metri dalla riva mi capita di incagliare l'esca su chissà cosa. Sbuffo seccato, e mi penso sciocco, perché non è la prima volta che pesco da queste parti e in quel punto capita spesso di incagliare su qualche ostacolo sommerso, forse il tronco di un albero o dei pilastri di cemento o delle rocce ricoperte di rami.

Comincio ad irritarmi perché, su qualunque cosa si sia incagliato, l'artificiale non vuole saperne di venir fuori da lì. Alla fine mi rassegno e tiro il filo con decisione, sapendo che il nylon 0.25 sarà il primo elemento a partire. Stak! E un filo senz'anima galleggia sul pelo dell'acqua.(c.v.d.).

Riprovo con il minnow, e al terzo o quarto lancio abbocca finalmente qualcosa. Mi illudo che sia un piccolo luccio, perché non lo sento molto combattivo come dovrebbe. Ben presto scopro che dovrò accontentarmi di un modesto cavedano (31 cm ; 0.400 Kg circa).


Cavedano di 31 cm e 0.400 kg di peso, catturato con un minnow

Dopo un altro paio di lanci con il Martyn 20, mi viene voglia di cambiare posto. Purtroppo il Piave non è un fiume che si presta molto per lo spinning da riva perché gli accessi diretti al fiume sono limitati, e solitamente piuttosto distanti tra loro. L'ideale sarebbe pescare con una barca, magari munita di un silenzioso motore elettrico, ma in alternativa non resta che aspettare il passaggio del pesce, anche se notoriamente il luccio è un pesce fortemente territoriale e di conseguenza non si sposta molto.

Comincio a demoralizzarmi, ma mi autoconvinco ad avere fiducia, e ad insistere con qualche altro lancio. Quello è un posto buono, me lo sento. Se fossi un luccio non esiterei a metter su casa sotto il ponte dell'autostrada!

Quel lancio non lo scorderò tanto facilmente. Mi ero da poco alienato, e continuavo a lanciare e recuperare il Martyn 20, perso nei miei pensieri, fissando come un ebete una foglia di pioppo ingiallita dall'autunno. Distolgo di scatto l'attenzione dalla foglia, quando l'artificiale recuperato s'incaglia all'altezza dei soliti 3-4 metri da riva, proprio dove avevo perso quell'altro in precedenza.

"Stupido!" mi dico, "hai incagliato sullo stesso punto di prima; e così ti perdi un altro Martyn 20". Ma con stupore osservo che il filo che affonda in acqua, ancora in tensione, prende a muoversi lentamente. Rimango ancora più meravigliato quando realizzo che si sta muovendo controcorrente.

"Ha abboccato! Luccio!" sono queste le uniche parole che trovano spazio nella mia mente. Ancora quello si muove, sempre con lentezza, come se non avesse fretta. Non capisco cosa stia facendo là sotto, e francamente trovo abbastanza improbabile che si stia gustando un pezzo di acciaio. Ma non faccio in tempo a chiedermi se non si sia per caso allamato un luccio anemico, che quello parte. Implaccabile. Il Tana Umaga degli esocidi.

Si fa cinque-sei metri in cui non posso far altro che allentare la frizione e lasciarlo andare. Solo allora si ferma, d'improvviso, tanto che cresce in me il timore di averlo perduto. E invece no. Come se fossi finito in Jurassic Park, vedo affiorare una bestia preistorica. Sul pelo dell'acqua si ferma, fissandomi torvo. L'occhio ferino di una creatura preistorica ai confini tra la mitologia e la realtà, nel quale brilla il muto odio dell'assassino. Ricambio lo sguardo, mentre nelle nostre teste echeggia la severa melodia di un western d'autore, talmente assordante da annichilire ogni pensiero. Solo istinto. Solo emozione.

Il cuore comincia a pompare e un brivido freddo mi scorre sulla schiena, quando mi accorgo che sul suo becco il Martyn non è allamato bene; ho una terribile paura di perderlo. La bestia rimane ferma ancora per qualche secondo, immobile sul pelo d'acqua, prima di ripartire di nuovo. Dopo qualche altro minuto di combattimento capisco che comincia a stancarsi. È un momento delicato, e il guadino mi pare troppo piccolo per un pesce così grosso. Tuttavia la riva del fiume non mi consente altra scelta, troppo rischioso pensare di avvicinarlo e braccarlo. Quando lo vedo entrare nel guadino con la testa capisco che finalmente è fatta. Lo salpo, e vinco la sfida.

Solo quando finalmente lo vedo da vicino mi rendo conto della sua mostruosità, tanto che ho quasi paura di toccarlo.


Dario e il Luccio da 8 kg per 80 cm, catturato con un Martyn 20 in Piave

A quel punto ringrazio l'inventore del cellulare e chiamo il mio socio Nicolino con il cuore che ancora mi pulsa in gola. Con la voce rotta gli dico di portare la bilancia e di darsi una mossa, perché ne vale la pena. Quando arriva, Nicolino è un po' seccato per essere stato tirato giù dal letto, e negli occhi nasconde una malcelata astiosità.

Ma alla vista dell'esocide cambia immediatamente atteggiamento, e comincia a scattare foto come un paparazzo esagitato. D'altra parte un luccio di 8 kg per 80 cm è davvero una bella bestia!

Da quel giorno mi sono fatto una promessa: "Dario, tu a 60 anni chiudi baracca e burattini e appendi la canna al chiodo; perché se ne prendi uno così in tarda età, rischi di schiattare d'infarto".

P.S. Una volta smaltito l'entusiasmo chiedo al socio com'è andata l'avventura della sera precedente. Scuote la testa e mi risponde: "Cappotto".
 



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