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L'Orata della Vita
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Testo di  Filippo Ricca
Fotografie di  Filippo Ricca
Data Pubblicazione  15/05/2004

Ero un po' sconsolato, avevo fatto già diverse battute di pesca in Francia ma i risultati erano stati quasi sempre scadenti.
Il 2004 non era iniziato bene. A peggiorare il mio umore era il fatto che quasi tutti i miei amici, ultimamente, avevano conseguito delle catture di rilievo sia a surf-casting che a spinning. Avevo paura di "entrare" in quello che viene chiamato il "momento negativo" che quando ti prende non ti molla più. I pesci non mangiano e quando mangiano li sbagli ...
Alle 19 arrivai sulla spiaggia ad Antibes (Francia) e notai che il mare era liscio come l'olio. Una bonaccia incredibile. Il rischio dell'ennesimo sonoro capotto era alle porte. Giurai a Betta (la mia compagna di pesca, di vita ma non di politica ...) che questa sarebbe stata l'ultima volta francese in caso di scarsi risultati.
Montai le canne da surf, 5 per l'esattezza, con montature bi-amo. L'idea era quella di prendere almeno qualche mormora per cui decisi di armare 3 canne ad arenicola, una con americano e l'ultima con il bibi (sperando nel colpaccio).

Con calma feci gli inneschi e lanciai. Dopo circa una mezz'ora provai a recuperare le canne e mi accorsi che le arenicole erano più belle di prima ... La serata incominciava male, si stava prospettando l'ennesimo e già annunciato capotto.

Alle 22 una tracina, poi una mormoretta, poi un saraghetto tutti pesci veramente piccoli. La desolazione stava prendendo il sopravvento. Betta vedendo che la serata marcava male si preparò la tendina e mi salutò. Dopo 5 minuti ronfava come un ghiro ...

Alle 23 le cose non erano migliorate. Il carniere era veramente misero, in totale 7 pesci ma tutti piccoli. Decisi di cambiare le esche abbondando con l'arenicola visto anche che mi stava durando molto più del previsto.

Alle 23.30 tutto era immobile per cui decisi di fare un innesco super, riempiendo un totano intero con un macinato di sardina. Non che ci credevo, visto anche il mare piatto, ma questo espediente mi avrebbe aiutato a passare il tempo e a non pensare al costo delle esche. Ero intento in questo strano innesco quando sentii un rumore secco. Mi girai di scatto e notai che il pendolino luminoso dell' ultima canna, armata ad arenicola, era caduto, sbattendo prima sulla canna stessa. Pensai una bella mormora e mi diressi verso la canna tranquillamente.

La canna era immobile. Aspettai una ventina di secondi sperando in un altra tocca, ma niente. Decisi di ferrare e subito mi accorsi di avere a che fare con una resistenza molto sostenuta. Sembrava un incaglio. Iniziai a recuperare facendo molta fatica, pensai a un mucchio di alghe, quando uno strattone violento fece sussurrare la canna e poi la frizione del mulinello, come impazzita, iniziò a cantare.
Capii subito che non si poteva trattare di una mormora. A 100 metri di distanza con un piombo da 120 grammi una mormora (anche se grossa) si sarebbe sentita a stento e invece io avevo un treno in canna ...

Iniziai con fatica a guadagnare metri, pensavo ad una bella spigola ma forse stava tirando troppo. Dopo una quindicina di minuti (avevo come filo in bobina uno 0.20, terminale 0.22 ed ami fini da mormora) la preda iniziò a vedersi, era forse a 15 metri. Un attimo di desolazione mi attanagliò. Vedevo una sagoma molto lunga a galla che mi ricordava gli innumerevoli gronghi presi sulla stessa spiaggia. Unica differenza era che questa volta non avevo come esca la sardina ...

Mi fermai a contemplare quello che mi sembrava un grongo quando mi accorsi che era più largo, con sorpresa capii che si trattava di un altro pesce e che pesce!
Provai a forzarlo ma non voleva venire. Recuperavo a vuoto, la preda non aveva nessuna intenzione di superare il gradino di risacca. Visto che "lei" non voleva venire a riva decisi di andare io in acqua a prenderla (se Maometto non va alla montagna ...).
Mi avvicinai e con l'acqua alla cintola afferrai il pesce. In due secondi era già spiaggiato sulla battigia.

Lo guardai bene e solo allora mi accorsi che si trattava di un orata. Si l'orata della vita, quella che forse ti capita solo una volta.
In preda ad agitazione, ansia ed euforismo (forse anche le tre birre ...), e con le mani insanguinate (gli aculei di una grossa orata non scherzano, provare per credere) iniziai ad urlare per svegliare Betta. Lei mezza spaventata e mezza addormentata si diresse velocemente verso di me e quasi inciampando nella meravigliosa preda esclamò: "mamma mia che grossa!"

Dopo 10 minuti eravamo già in macchina sulla via del ritorno, fieri ed appagati. Un orata così forse si prende solo una volta nella vita: a me è capitato il 15/5/2004 alle 23.30, serata storica che mai dimenticherò.
 



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