Il pesce predatore è vittima di numerosissimi “cappotti”, più
di quanto noi possiamo immaginare.
Il branco dei pesci esca,
Aguglie, Cefali etc, hanno un rito comportamentale di
autodifesa che oltre a prevedere movimenti ritmici e all’unisono di tutti gli
elementi, prevede anche la disposizione esterna di individui malandati, feriti o
addirittura deformi.
Questi ultimi emettono delle vibrazioni differenti a quelle
degli altri individui e comunque il predatore avverte questo stato di difficoltà
e percepisce la possibilità di portare un attacco sicuro.
Mi è capitato più volte in occasioni di battute di pesca subacquea di osservare
predoni in caccia come i Pesci Serra e le Ricciole che non riuscivano
letteralmente a beccare un pesce nonostante inseguimenti e tentativi vari. Ho
visto Aguglie e Cefali schizzare a 20 nodi e difendersi dietro scogli affioranti
e ho capito che il predatore ha bisogno di spazio e velocità, a meno che si
tratti di Cernie che attuano un attacco diverso, una specie di agguato.
Ecco perché il predatore attaccherà il nostro pesce esca ben innescato,
vitalissimo ma in difficoltà e sceglierà di farlo semplicemente perché non solo
è più facile ma prima che arrivi qualche altro predatore.
Difatti nel momento di
caccia i predatori entrano anche in competizione tra loro.
La difficoltà del pesce esca scatena nel predatore l’istinto famelico e
assassino, alcune volte quando ho allamato un pesce serra altri sono venuti fin
sotto la barca a morderlo e in un momento di frenesia alimentare mordevano
qualsiasi cosa gettassi a mare.
Il pesce esca deve essere
innescato sapientemente e nel tempo più breve
possibile, toccarlo con le mani bagnate e non ferirlo inutilmente, osservatelo
bene prima di innescarlo e regolate la distanza tra l’amo trainante e quello
pescante prima di procedere all’innesco, una volta calato in acqua osservarne il
nuoto che deve essere naturale, l’esca non deve ruotare o posizionarsi a pancia
in alto.
La velocità giusta della barca è quella che fa nuotare il pesce perfettamente,
ecco perché la velocità è un fattore variabile e dipende dalla grandezza delle
esche, e dal loro stato di vitalità.
Ho trainato Aguglie grandi anche a 3 nodi e
altre piccole nuotavano male se superavo il nodo.
Per i Calamari e le
Seppie
invece non ci sono molti problemi in quanto queste esche si stabilizzano da sole
grazie alle loro ali e non ruotano attorno al proprio asse longitudinale, si può
tentare a velocità che variano da 0,5 a 3 nodi.
Altra valutazione importante è che la
grandezza del pesce esca determina il tipo
di attacco.
Pesci esca grandi saranno attaccati in mezzo o in
testa, raramente in coda, pesci esca piccoli saranno attaccati prevalentemente
di coda.
Quindi in
relazione alla grandezza del pesce studiare a quale amo affideremo le nostre
ferrate e di conseguenza realizzeremo più di un terminale da portare a pesca.
Nella Foto: catture realizzate con questa tecnica
Nel prossimo articolo affronterò l’argomento terminali.
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