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Testo di  Davide Castellano
Fotografie di  Davide Castellano
Data Pubblicazione  07/11/2004

Il pesce predatore è vittima di numerosissimi “cappotti”, più di quanto noi possiamo immaginare.
Il branco dei pesci esca, Aguglie, Cefali etc, hanno un rito comportamentale di autodifesa che oltre a prevedere movimenti ritmici e all’unisono di tutti gli elementi, prevede anche la disposizione esterna di individui malandati, feriti o addirittura deformi.
Questi ultimi emettono delle vibrazioni differenti a quelle degli altri individui e comunque il predatore avverte questo stato di difficoltà e percepisce la possibilità di portare un attacco sicuro.

Mi è capitato più volte in occasioni di battute di pesca subacquea di osservare predoni in caccia come i Pesci Serra e le Ricciole che non riuscivano letteralmente a beccare un pesce nonostante inseguimenti e tentativi vari. Ho visto Aguglie e Cefali schizzare a 20 nodi e difendersi dietro scogli affioranti e ho capito che il predatore ha bisogno di spazio e velocità, a meno che si tratti di Cernie che attuano un attacco diverso, una specie di agguato.

Ecco perché il predatore attaccherà il nostro pesce esca ben innescato, vitalissimo ma in difficoltà e sceglierà di farlo semplicemente perché non solo è più facile ma prima che arrivi qualche altro predatore.
Difatti nel momento di caccia i predatori entrano anche in competizione tra loro.
La difficoltà del pesce esca scatena nel predatore l’istinto famelico e assassino, alcune volte quando ho allamato un pesce serra altri sono venuti fin sotto la barca a morderlo e in un momento di frenesia alimentare mordevano qualsiasi cosa gettassi a mare.

Il pesce esca deve essere innescato sapientemente e nel tempo più breve possibile, toccarlo con le mani bagnate e non ferirlo inutilmente, osservatelo bene prima di innescarlo e regolate la distanza tra l’amo trainante e quello pescante prima di procedere all’innesco, una volta calato in acqua osservarne il nuoto che deve essere naturale, l’esca non deve ruotare o posizionarsi a pancia in alto.

La velocità giusta della barca è quella che fa nuotare il pesce perfettamente, ecco perché la velocità è un fattore variabile e dipende dalla grandezza delle esche, e dal loro stato di vitalità.
Ho trainato Aguglie grandi anche a 3 nodi e altre piccole nuotavano male se superavo il nodo.
Per i Calamari e le Seppie invece non ci sono molti problemi in quanto queste esche si stabilizzano da sole grazie alle loro ali e non ruotano attorno al proprio asse longitudinale, si può tentare a velocità che variano da 0,5 a 3 nodi.

Altra valutazione importante è che la grandezza del pesce esca determina il tipo di attacco.
Pesci esca grandi saranno attaccati in mezzo o in testa, raramente in coda, pesci esca piccoli saranno attaccati prevalentemente di coda.
Quindi in relazione alla grandezza del pesce studiare a quale amo affideremo le nostre ferrate e di conseguenza realizzeremo più di un terminale da portare a pesca.


Nella Foto: catture realizzate con questa tecnica

Nel prossimo articolo affronterò l’argomento terminali.



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