Il Dentice è un pesce
predatore di grande pregio, non è un grande combattente ma è molto sospettoso e
potente, poco furbo però.
Di fronte a un esca viva ben presentata, perde tutta la sua diffidenza e si
scatena in una serie di attacchi ripetuti che il più delle volte diventano delle
vere e proprie autoferrature.
Nella stagione della riproduzione, inizio della primavera,
difende il suo territorio aggredendo gli artificiali.
Nella stagione fredda che va da novembre a gennaio preferisce di gran lunga
l’esca viva.
Calamaro, seppia,
boga, menola
e donzelle elencate
in ordine di importanza.
Il dentice frequenta le zone
scogliose miste a posidonia, in genere dalle mie parti la profondità
di pesca varia dai 25 ai 75 mt.
A seconda dell’esca viva che vogliamo usare dobbiamo usare un terminale ad hoc.
Per il calamaro va bene il terminale a due ami
classico, doppiature necessarie. Il calamaro essendo morbido, viene attaccato da
tutte le posizioni, in mezzo, in coda, in testa.
In genere il dentice lo insegue, lo morde e se non si ferra riattacca
ripetutamente fin quando non ha finito.
Diverso è l’innesco della seppia
che essendo provvista di osso, e il dentice lo sa, viene attaccata solo e sempre
di testa.
Quando il dentice le stacca la testa è molto difficile che riesegua l’attacco.
Bisogna giocare di anticipo.
Un terminale a tre ami è il più pescante. Amo trainante e due ami pescanti
paralleli inseriti nelle anteriorità dei suoi tentacoli.
Se vogliamo pescare a più di 30/40 metri il
calamaro e la seppia sono le esche più adatte in quanto non soffrono della
batimetria elevata.
L’utilizzo dell’affondatore è
necessario se si vuole pescare a più di 25/30 metri di profondità.
In queste situazioni pescare con il piombo guardiano diventa difficile. Più
profondo si pesca e più filo deve essere calato.
L’attrito in acqua generato è tale da dover usare dei piombi anche di 1 kg con
la conseguenza di rendere il tutto molto insensibile.
Con l’utilizzo dell’affondatore abbiamo in pratica la
possibilità di pescare a filo diretto, difatti una volta che si spezzano gli
elastici che tengono la nostra lenza alla palla dell’affondatore non c’è nulla
tra noi e il pesce.
Delle volte il dentice porta un attacco più delicato, tale da non far spezzare
gli elastici che collegano la lenza al peso. In questo caso dobbiamo noi con una
serie di strattoni, spezzare gli elastici e aspettare canna in mano l’attacco
successivo.
Una volta ferrato, il dentice
scatena tutta la sua potenza cercando di recuperare il fondo e strofinando la
testa negli scogli.
Il più delle volte bisogna accelerare con il motore e pompare energicamente per
vincere la sua sfuriata che si esaurisce nei primi 10/15 metri di acqua.
Il dentice non sopporta brusche variazioni batimetriche, la sua vescica
natatoria non ha la capacità di adattarsi immediatamente alle differenze di
profondità e quindi una volta che con il recupero avremo superato la sua fascia
d’acqua di stazionamento, dovremo solo effettuare un recupero costante per
portare il pesce alla barca.
Se il pesce dovesse slamarsi accidentalmente
anche negli ultimi 5 metri di acqua, cercatelo sulla superficie perché il più
delle volte muore a galla.
Il
dentice mangia in corrente e porta dei veri e
propri agguati alle esche.
Quindi osservare la direzione della corrente e cercare di far transitare l’esca
contro corrente.
Seguite attentamente la batimetria del fondo e non siate pigri sulla manovella
dell’affondatore. Più precisi siete a far transitare le esche a un metro dal
fondo e più possibilità avrete di cattura e anche se il tutto costa molta fatica
e anche molto tempo.
Altra cosa molto importante è che con
pesci di una certa dimensione è facile farsi male; il Dentice possiede
dei denti aguzzi e le mascelle sono potenti, inoltre quando è a bordo da gli
ultimi colpi di coda e gli ami che gli escono dalla bocca sono pericolosi per le
mani e per le gambe. Bloccare bene il pesce prima di slamarlo.
Certo pescare prima i calamari o le seppie, notti a mare,
padronanza assoluta dell’attrezzatura, non è cosa da poco ed è facile
scoraggiarsi ma vi posso assicurare che è più semplice di quanto sembri,
l’importante è che ci siano i pesci.
Nella Foto: due
megadentex da 6,5 e 8 kg pescati con la seppia
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